IMPATTO DELLA DISCIPLINA DEI FINANZIAMENTI PREVISTI CON GARANZIA SACE SULLA POSSIBILITÀ DI LICENZIAMENTI
Il Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23, c.d. “Decreto Liquidità”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 8 aprile 2020 n. 94 ed in vigore dal 9 aprile 2020, consente l’intervento di garanzia da parte di SACE S.P.A., con previsioni agevolate di accesso al credito attraverso un impegno finanziario per sostenere le imprese in crisi in un periodo di emergenza sanitaria.
Tra le varie disposizioni del provvedimento de quo, concordo con coloro che hanno rinvenuto la presenza di un inciso che può avere un notevole impatto, includendo un requisito imprescindibile per l’ottenimento del finanziamento.
Più precisamente, il comma 2, lettera l dell’articolo 1 intitolato “Misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese”, richiede all’impresa a cui venga riconosciuto il beneficio del sostegno economico, tra le altre condizioni, di assumere anche “l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali”.
Rilevo che la ratio della norma in commento appare essere quella di circoscrivere il potere dell’imprenditore di effettuare scelte unilaterali occupazionali, limitandone in concreto il suo raggio d’azione, onde perseguire un equilibrio a tutela della posizione dei dipendenti, con il sindacato che assume un ruolo fondamentale. In effetti, trattasi del difficile contemperamento tra la libertà dell’iniziativa economica privata ai sensi dell’art. 41 cost.[1]) in modo coerente alla propria organizzazione produttiva e, dall’altro, il mantenimento dei livelli occupazionali (cfr. in particolare gli artt. 35 cost.[2] , 1 cost. e 4 cost.).
Al riguardo, segnalo gli aspetti principali che riterrei prima facie meritevoli di attenzione nell’analisi interpretativa della disposizione in esame e che stanno dando adito a contrasti dottrinali in virtù della sua formulazione generica e lacunosa:
- innanzitutto, qualora l’azienda riuscisse ad ottenere il finanziamento per averne i requisiti, considererei potersi desumere implicitamente che gli sia precluso, in linea di principio, di attuare liberamente riduzioni del personale di qualsivoglia tipo (ossia licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo[3] e/o licenziamenti collettivi) ed entità numerica, ad eccezione dei soli licenziamenti frutto di accordi sindacali. Di conseguenza, non è sufficiente un’informativa, né una consultazione sindacale, ma vi è il richiamo ad un consenso sindacale sancito da un accordo. Sul punto della prescritta intesa negoziale, alcuni lamentano la mancata individuazione degli interlocutori sindacali reputati idonei allo scopo, nonché l’assenza di specificazione del livello di contrattazione necessario (aziendale? provinciale?) per procedere ad un licenziamento;
- inoltre, sarei dell’opinione che non si possa escludere, a priori ed in via teorica, che l’accordo sindacale si estenda a tutte quelle scelte datoriali che influiscano, direttamente o indirettamente, sui “livelli occupazionali” (quali, ad esempio, le decisioni che attengano all’assunzione di nuovo personale o il ricorso alla somministrazione di lavoro). Infatti, vi possono essere delle iniziative imprenditoriali che determinano cambiamenti nell’assetto occupazionale, slegati dal recesso datoriale nel rapporto di lavoro;
- un ulteriore importante interrogativo che mi sembra ancora lasciato aperto è, poi, quello derivante dalla sconoscenza della durata di siffatto obbligo datoriale che, in assenza di una sua espressa delimitazione, potrebbe ricoprire l’intero arco temporale delle risorse finanziate (la restituzione del prestito può essere dilazionata fino a sei anni);
- infine, tra le evenienze prospettabili in caso di successiva inottemperanza all’impegno assunto da parte del datore di lavoro, potrei ipotizzare in astratto tematiche di non semplice ed univoca soluzione, sempre per l’inadeguata formulazione normativa. Tali questioni (tra cui ad esempio: l’impugnazione dei licenziamenti perché considerati illegittimi e nulli, la contestazione della condotta antisindacale ex art. 28 Stat. Lav. o la revoca del finanziamento, che potrebbe comportare l’immediata restituzione delle somme percepite) ove insorgessero, potrebbero sfociare, in ultima analisi, in potenziali contenziosi giudiziali, lunghi e dall’esito incerto per le parti in causa.
Il quadro sopra descritto è al momento frammentario, approssimativo e suscettibile di interpretazioni diverse plausibili, in quanto regna l’incertezza per alcuni aspetti che possono venire in rilievo causata dalla lettura della disposizione in oggetto e dall’assenza di verità assolute ed inconfutabili per decifrarla.
Nell’ottica strettamente aziendale, l’accesso ai finanziamenti previsti con garanzia SACE dovrebbe avvenire solamente nel momento in cui l’azienda sia in grado di valutare ex ante, prima della presentazione della domanda, i vincoli, i rischi e la convenienza dell’operazione economica: infatti, rebus sic stantibus, sarei dell’avviso che rimangano criticità che potrebbero indurre a percorrere misure più sicure ed alternative di liquidità o a giustificare pretese inadempienze. Del resto, anche a tutela degli stessi lavoratori, gli elementi di vaghezza e di non coordinamento, potrebbero essere agevolmente risolti con chiarimenti ed in ambito legislativo.
In conclusione, condivido l’auspicio espresso dalla maggioranza degli interpreti di un pronto intervento integrativo o di parziale riforma, al fine di dipanare i molteplici dubbi ed incertezze che avvolgono tutti i soggetti coinvolti che potrebbero provocare inutili ritardi e complicazioni nell’applicazione pratica dell’accesso allo strumento di sostegno finanziario nell’attuale situazione emergenziale.
[1] che però continua: “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
[2] “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.”
[3] Non si può trascurare la legittimità dell’indirizzo contrario, che esclude dall’ambito coperto dalla disposizione in commento i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, in quanto non prevedono l’essenzialità di una negoziazione sindacale ed avendo una disciplina specifica previgente.
Avv. Leonardo Merrino Law Department -senior associate