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decreto legislativo 231 mainini e associati

Decreto Legislativo 231/2001: niente condanna se il modello di compliance è adeguato  

Il decreto legislativo n. 231/01 

Il decreto legislativo n. 231/01 ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti che sorge quando la persona collegata all’ente commette determinati reati, nell’interesse o vantaggio dell’ente cui appartiene (cosiddetto reato presupposto).  

L’accertamento della responsabilità comporta l’applicazione di sanzioni non solo pecuniarie, ma anche interdittive, cioè quelle che impediscono all’ente di compiere determinate attività.  

I soggetti collegati alla società, considerati responsabili di queste condotte, sono coloro che assumono ruoli di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o coloro che sono sottoposti alla loro direzione o vigilanza. 

 

I reati presupposti previsti dal Dlgs 231/01 

Anche se il reato presupposto commesso da una persona collegata all’ente si dovesse estinguere (ad esempio perché interviene la prescrizione), il giudice penale è tenuto ad accertare la responsabilità dell’ente in base al Decreto Legislativo n. 8 giugno 2001, n. 231. 

Il giudice infatti deve valutare se il modello organizzativo di prevenzione degli illeciti adottato dalla società è idoneo ad evitare le condotte penalmente rilevanti.  

Se il modello è concepito in modo da scongiurare in concreto che gli addetti commettano il reato (dello stesso tipo di quello presupposto), la responsabilità dell’ente è esclusa. 

Questo avviene anche se il reato è commesso nell’interesse o a vantaggio della società.  

Se la società (o ente), non adotta modelli organizzativi adeguati, risponderà del reato presupposto che sia stato compiuto a suo vantaggio o nel suo interesse.  

Questo è quanto afferma la Cassazione nella sentenza n. 21640 del 19 maggio 2023. 

 

Il caso di Genova: la responsabilità di chi è in posizione apicale 

La Corte d’Appello di Genova ha condannato un imputato, titolare di una ditta individuale e amministratore unico di una S.r.l., a scontare un anno di reclusione e versare € 7.000 di multa per aver contraffatto e commercializzato nastri da bomboniere e da confezione.  

La Corte ha anche dichiarato la responsabilità della S.r.l. applicando il Decreto legislativo n. 231 del 2001.  

La condanna comminata prevede la sanzione pecuniaria pari al valore di 200 quote societarie e la sanzione interdittiva con pubblicazione dell’estratto della sentenza.  

L’imprenditore e la S.r.l. hanno presentato ricorso in Cassazione. 

La società per contestare la propria responsabilità e le sanzioni che la Corte ha inflitto per le seguenti ragioni: 

  • l’amministratore unico non avrebbe commesso il reato presupposto;
  • se lo ha commesso, non l’ha fatto nell’interesse o a vantaggio della società.

La Cassazione ha accolto il ricorso dell’imputato perché è intervenuta la prescrizione, che opera quando il tempo stabilito dalla legge per l’accertamento del reato è trascorso, e ha accolto anche il ricorso della S.r.l. in quanto giudica fondate le sue ragioni.  

 

Il modello organizzativo ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001 

La Corte infatti ha chiarito che: se il reato presupposto si è prescritto, il giudice deve comunque accertare la responsabilità amministrativa dell’ente.  

L’illecito dell’ente è infatti autonomo rispetto a quello della persona che è accusata di avere commesso il reato presupposto.  

L’illecito commesso dall’ente, infatti, si fonda su un deficit organizzativo “colpevole” che ha reso possibile la realizzazione del reato. 

Il Decreto legislativo 231 del 2001 consente alle società di escludere la propria responsabilità quando adotta un modello organizzativo adeguato. 

Il modello organizzativo è quel complesso di regole, adottate unilateralmente dalla società, che servono ad eliminare o ridurre il rischio che soggetti collegati commettano reati, pur se nel suo interesse e vantaggio.  

Questo complesso di regole trovano la loro sede naturale nei “Modelli di organizzazione, gestione e controllo”, delineati, in generale, dal D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 6 e 7. 

L’adeguatezza del modello di compliance non è astratta, ma deve essere accertata dal giudice in concreto. L’accertamento si effettua nel momento in cui l’illecito è stato commesso (cosiddetta prognosi postuma) e serve a verificare se il reato presupposto sia la concretizzazione del rischio che la regola organizzativa violata mirava ad evitare o cercava di ridurre.  

L’accertamento in sostanza deve verificare che, se il modello “idoneo” fosse stato rispettato, l’evento non si sarebbe verificato.  

 

Vantaggio e interesse dell’ente nell’applicazione del modello di compliance 

Il vantaggio e l’interesse dell’ente sono alternativi e concorrenti: 

  • l’interesse va valutato “ex ante”, cioè al momento in cui è stato commesso il reato;
  • il vantaggio va valutato “ex post”, in base agli effetti derivati in concreto dal reato. 

Nel caso indicato sopra, secondo la Cassazione, i giudici dell’appello non hanno verificato né se l’ente avesse adottato un modello di compliance idoneo a prevenire il reato presupposto, né il vantaggio o interesse dell’ente. L’interesse della società viene infatti solo ricondotto all’interesse del rappresentante delle aziende, senza considerare il fatturato dell’ente rispetto agli introiti derivanti dalla commercializzazione dei prodotti contraffatti.