Finanziamenti garantiti: quali conseguenze per le imprese inadempienti? (economia.news)
EMERGENZA COVID-19
FONDI GARANTITI DALLO STATO: QUALI CONSEGUENZE SOTTO UN PROFILO CIVILISTICO E PENALE PER LE IMPRESE INADEMPIENTI?
Ogni impresa, dalla più strutturata a quella meno organizzata, può essere messa in ginocchio da eventi accidentali. Così è stato per la maggior parte delle imprese italiane che si sono ritrovate improvvisamente in crisi di liquidità a causa della crisi pandemica. In questi casi diviene necessario l’intervento di un ente “quasi supremo” – lo Stato – che apparentemente sembra non possa essere sconfitto nemmeno da una pandemia. Il Governo italiano, a fronte dell’alterazione violenta del tessuto economico determinata dall’emergenza Covid-19 ed al fine di assicurare il necessario sostegno al sistema produttivo del Bel Paese, ha messo in campo misure a supporto di imprese, artigiani, lavoratori autonomi e liberi professionisti.
I predetti decreti, in sostanza, hanno agevolato le imprese nell’accesso al credito bancario. In che modo? Con il Decreto Liquidità, in particolare, è stato deciso di trasformare il Fondo PMI in uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità – estendendone l’utilizzo anche alle imprese fino a 499 dipendenti – con tre interventi: 1) garanzia al 100% per i prestiti di importo non superiore al 25% dei ricavi fino a un massimo di 25.000 euro, senza alcuna valutazione del merito di credito e senza attendere il benestare del Fondo di Garanzia; 2) garanzia al 100% di cui 90% Stato e 10% Confidi per i prestiti di importo non superiore al 25% dei ricavi, fino ad un massimo di 800.000 euro e senza effettuare la consueta analisi andamentale; 3) garanzia al 90% fino a 5 milioni di euro e senza la valutazione del merito creditizio.
Per tutte le altre imprese (di grandi dimensioni) e per quelle PMI (inclusi lavoratori autonomi e liberi professionisti) che avevano esaurito il proprio plafond di accesso al Fondo PMI era stata prevista la concessione fino al 31 dicembre 2020 (ora differita al 31 giugno 2021) di una garanzia di SACE S.p.A. sui finanziamenti bancari accordati, rispettando sempre il perimetro fissato dalle linee guida dettate dal paragrafo 3.2. del Temporary Framework della Commissione UE in materia di aiuti di Stato alle imprese colpite dall’emergenza, alle seguenti condizioni: durata non superiore a 6 anni e con possibilità di avere fino a 24 mesi di preammortamento; impresa beneficiaria non inclusa nella categoria delle imprese in difficoltà e non avente esposizioni deteriorate, salvo quelle maturate da febbraio 2020; impegno dell’impresa beneficiaria a non approvare la distribuzione di dividendi o acquisto azioni proprie con riferimento al periodo intercorrente dalla data del 9 aprile 2020 fino al 31 dicembre 2020 e di gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali; importo garantito non superiore al maggiore tra il 25% del fatturato annuo dell’impresa del 2019 e il doppio dei costi del personale dell’impresa relativi al 2019. In relazione ai finanziamenti aventi le suddette caratteristiche è stata prevista la possibilità di ottenere una copertura: pari al 90% dei finanziamenti destinati a imprese con meno di 5mila dipendenti in Italia e fatturato non superiore a 1,5 miliardi; pari all’80% dei finanziamenti destinati a imprese con più di 5mila dipendenti in Italia e fatturato compresso tra 1,5 e 5 miliardi (su base consolidata); pari al 70% per imprese con fatturato superiore a 5 miliardi (su base consolidata).
QUALI CONSEGUENZE SOTTO UN PROFILO CIVILE
Gli strumenti messi in campo dal Governo hanno avuto un notevole successo in termini di numero di utilizzatori. Infatti, sono moltissimi i soggetti che si sono serviti delle garanzie statali.
Chi non lo avrebbe fatto? Soprattutto se lo scenario (erroneamente) ipotizzabile fosse stato quello in cui, come unica peggiore conseguenza, l’impresa inadempiente si sarebbe vista soccorrere dallo Stato che, in qualità di garante del prestito concesso dalla Banca, avrebbe provveduto a saldare gli importi insoluti e fine della storia. Ma non funziona proprio così…!
Per meglio comprendere quali siano i reali risvolti giuridici sotto un profilo civilistico, in caso di inadempimento dell’Impresa beneficiaria, è bene rammentare e tenere in considerazione le fattispecie configurabili in una situazione del genere.
Anzitutto – in forza di quanto previsto dall’art. 2, comma 4, del D.M. 20 giugno 2005 – in caso di inadempimento delle piccole e medie imprese, i soggetti finanziatori possono rivalersi sul Fondo per gli importi da esso garantiti, anziché continuare a perseguire il debitore principale. Inoltre, ai sensi dell’art. 1203 del codice civile, nell’effettuare il pagamento, il Fondo acquisisce il diritto di surrogarsi nella posizione creditoria e perciò può rivalersi sulle Piccole e Medie Imprese inadempienti per le somme da esso pagate.
Nello svolgimento delle procedure di recupero del credito per conto del Fondo di gestione si applica, così come previsto dall’art. 9, comma 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, la procedura esattoriale di cui all’art. 67 del decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 1988, n. 43, così come sostituita dall’art.17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
Tale procedura si sostanzia, in estrema sintesi, in vero e proprio recupero coattivo del credito (attivata dal Fondo con il coinvolgimento dell’Agenzia delle Entrate) nei confronti del debitore principale.
QUALI CONSEGUENZE SOTTO UN PROFILO PENALE
Una manovra di grande portata, quella eseguita dal Governo durante la Pandemia, che di fatto ha permesso a tutto il tessuto economico italiano di poter prendere una boccata d’aria fresca accedendo al sistema creditizio durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria.
In molti si domandano se, in tale circostanza, le porte del sistema bancario non siano state aperte anche a possibili “Furbetti” che avrebbero potuto cogliere l’opportunità di ottenere somme di denaro – garantite dallo Stato – mediante l’utilizzo di stratagemmi tanto in fase di acquisizione dei prestiti quanto più in fase di impiego degli stessi. Inoltre, le maggiori incognite – oggetto dei più recenti dibattiti pubblici – sono rappresentate dalle richieste di delucidazione in merito alla previsione o meno di specifiche norme penali con effetti deterrenti in grado di ridurre al minimo le possibili condotte criminose a danno dello Stato. Le risposte, in tal senso, sono da ricercare nella qualificazione delle condotte tenute dai soggetti richiedenti. Volendo procedere per gradi, nella prima fase di richiesta del finanziamento garantito – in cui le imprese sono obbligate a compilare un’autocertificazione – è facilmente configurabile un “reato di falso in atto pubblico” ai sensi dell’art. 483 c.p. che prevede la reclusione fino a 2 anni per chiunque attesti il falso in un atto pubblico. Per di più, con l’art. 264 c. 1 lett. a) del d.l. n. 34 del 2020, Il Governo ha provveduto a riformare l’articolo 76 DPR 445/2000 – dedicato proprio alle sanzioni penali che conseguono alla fattispecie in esame – inasprendo la pena di reclusione con un aumento da un terzo alla metà. Per giunta, si potrebbe ipotizzare una Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai sensi dell’art. 640 bis codice penale con reclusione da 2 a 7 anni e con procedura d’ufficio se il fatto riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello stato, di altri enti pubblici o delle comunità europee.
Inoltre, le condotte illecite di acquisizione e impiego dei finanziamenti garantiti costituiscono altresì fattispecie penali di “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” (316 ter c.p.) e “malversazione”, in quanto trattasi di fondi ad onerosità attenuata (316 bis c.p.).
In fine, è prevedibile, laddove le condotte siano state commesse nell’interesse dell’impresa beneficiaria o a suo vantaggio e in danno allo Stato, una responsabilità amministrativa da reato come previsto dall’ art. 24 del D.Lgs 8 giugno 2001, n. 231.
CONCLUSIONI
Dalla disamina della possibile condotta inadempiente del debitore principale e dei possibili abusi e/o frodi ipotizzabili tanto in fase di acquisizione quanto in fase di impiego delle somme di denaro percepite, appare evidente come, a prescindere dal fatto che il proprio finanziamento sia assistito dalla garanzia statale, l’imprenditore risponderà sempre delle proprie obbligazioni, nonché dei propri comportamenti.