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M&A: Chiomenti e Mainini & Associati con il fondo di investimento ISQ e CubeCold

Andrea Filippo Mainini nominato membro effettivo del collegio sindacale di Metamorphosis

Avvicendamento nel Collegio dei Revisori dei conti della Federazione Italiana Pesistica:

GLI STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI

Abstract: Gli strumenti finanziari partecipativi (o “SFP”) rappresentano una possibile soluzione per l’investimento del management della società Target nell’ambito di operazioni di M&A o di Private Equity. Si tratta di uno strumento a metà tra equity e debito connotato da una “partecipazione” alla società emittente. Ad essa vengono attribuiti diritti patrimoniali e amministrativi senza che il sottoscrittore vanti, tuttavia, la qualifica di socio.
Sommario: 1. Profili legali – 2. La conversione – 3. Profili fiscali

  1. Profili legali

Gli Strumenti Finanziari Partecipativi (“SFP”) rappresentano un istituto estremamente malleabile e funzionale ad una raccolta alternativa di risorse per talune tipologie di società di capitali a metà tra l’equity ed il debito. Nonostante la disciplina codicistica piuttosto scarna, gli SFP si prestano a molteplici utilizzi volti a soddisfare le diverse esigenze del sottoscrittore, della società emittente e dei soci della stessa. Come anticipato, gli SFP possono essere considerati titoli ibridi, a metà tra il capitale di rischio e il capitale di debito: in ogni caso il titolare degli SFP non assume lo status di socio.
La disciplina degli SFP è contenuta principalmente negli articoli 2346, comma 6, 2349, comma 2 e 2351, comma 5, del Codice Civile. L’articolo 2349 del Codice Civile sancisce la possibilità per la società di implementare piani di incentivazione dei dipendenti basati su strumenti finanziari partecipativi anziché su azioni, stabilendone modalità e termini in via statutaria e utilizzando il patrimonio della società a servizio di dette emissioni. Facendo un passo indietro, l’art. 2346, comma 6 del Codice Civile prevede la facoltà per le Società per Azioni di emettere SFP a fronte di apporti di danaro, beni o servizi (diritti di credito pecuniari verso terzi o verso la stessa società emittente ovvero obblighi di prestazioni di vario genere, anche di opera): tale disposizione va letta in combinato disposto con l’articolo 2349, comma 2 del Codice Civile che prevede la possibilità che l’assemblea straordinaria della società deliberi l’assegnazione gratuita di strumenti finanziari partecipativi ai propri dipendenti. In tal caso parleremo, quindi, di SFP senza apporto patrimoniale [1]. In tali ipotesi, la sottoscrizione si configura come negozio non sinallagmatico, giustificato sotto il profilo causale dall’interesse della società emittente a promuovere forme di partecipazione, in senso lato, dei dipendenti. Ancora, gli SFP sono forniti certamente di diritti patrimoniali [2]  ed inoltre, l’art. 2351 del Codice Civile indica anche alcuni dei possibili diritti amministrativi [3].
Ai fini dell’emissione di SFP – anche senza apporto – dovrà, quindi, essere sempre ricercato quell’elemento “partecipativo” proprio della disciplina in commento, caratterizzato dall’attribuzione di diritti assimilabili alla partecipazione del socio al contratto sociale ma sempre senza che il portatore assuma mai la qualità di socio. Tale condizione distingue, altresì, la qualità di portatore di SFP dal mero obbligazionista, anche quando lo strumento abbia caratteristiche di debito e si avvicini fortemente a una obbligazione – anche nelle sue forme più estreme.
Gli SFP assegnati a dipendenti (ex art. 2349, comma 2, del Codice Civile), pur rappresentando una specie della più ampia categoria degli strumenti finanziari partecipativi disciplinata dall’articolo 2346 del Codice Civile, se ne distinguono per il fatto che la loro attribuzione non sottintende alcun apporto specifico, bensì ha la sua causa nel rapporto di lavoro. Invero, l’art. 2349, comma 2, del Codice Civile fa riferimento all’assegnazione di SFP a fronte di un apporto di prestazione d’opera o servizi del dipendente della società emittente. Come noto, le prestazioni d’opera e servizi possono formare oggetto di conferimento esclusivamente nelle Società a responsabilità limitata qualora siano garantite da una polizza assicurativa o fideiussione bancaria. Non è consentito conferire prestazioni di opera e servizi nelle Società per Azioni. È consentito, invece, che tali prestazioni entrino a far parte del patrimonio della società emittente mediante apporti dei sottoscrittori di SFP.[4]
Come già evidenziato, gli SFP si prestano a molteplici utilizzi. Nella prassi, gli SFP trovano uso costante nell’ambito di operazioni di acquisto di partecipazioni di minoranza ad opera dei manager delle aziende target nell’ambito di operazioni di Merger and Acquisition o Private Equity – con investimento o reinvestimento del management. Un investitore può essere interessato a coniugare una partecipazione minoritaria con una posizione di titolarità di SFP, specie laddove quest’ultima venga accompagnata sia da particolari tutele per favorirne il riscatto o la vendita, al fine di rendere monetizzabile l’investimento, sia da presidi statutari volti a tutelare gli interessi dei titolari degli SFP. Si pensi alla eventualità in cui il manager investitore non abbia il denaro sufficiente per reinvestire insieme all’acquirente nella società target o, ancora, l’acquirente, al momento dell’acquisizione, non abbia intenzione di diluire la propria partecipazione ma allo stesso tempo voglia incentivare il management della società a prestare la propria opera professionale nella società. Gli SFP, inoltre, consentono ai sottoscrittori sia di partecipare alla vita sociale senza la necessità di effettuare un conferimento in denaro o in natura – potendo tuttavia apportare la prestazione d’opera e servizi – sia di conferire beni in natura e crediti senza la necessità di presentare la relazione giurata per la stima degli stessi.
L’investimento in SFP potrebbe anche rappresentare, per il sottoscrittore, un passaggio intermedio in un programmato percorso di acquisizione di una partecipazione al capitale sociale della società emittente gli SFP – regolato nell’ambito di un accordo di investimento quadro tra sottoscrittore e società emittente -e ciò, ad esempio, mediante la conversione in partecipazioni degli SFP stessi. In tale evenienza, è bene precisare come il Regolamento di emissione degli SFP debba rappresentare l’intero accordo di investimento quale ratio dell’emissione dello strumento partecipativo.

  1. La conversione

La conversione degli SFP in partecipazioni è ritenuta ammissibile sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza ad alcune condizioni e purché sia previsto dallo statuto della società emittente o dal Regolamento di emissione degli SFP ad esso allegato. In relazione alle modalità di conversione e alle condizioni in cui essa può avvenire, la massima notarile n. 166, 7 novembre 2017 del Consiglio Notarile di Milano ha chiarito che per procedere alla conversione sia necessario che:
– si offra in opzione, ex art. 2441, comma 1, del Codice Civile, gli SFP convertibili in azioni, al fine di tutelare il mantenimento della misura e del valore della partecipazione dei soci anche nel caso in cui vengano emessi SFP suscettibili di divenire azioni in un secondo momento;
– l’apporto conferito dai titolari di SFP convertibili in azioni abbia ad oggetto beni o diritti rientranti nell’alveo dei beni conferibili ex art. 2343 o 2343-ter del Codice Civile, in modo da ottemperare con la disciplina relativa ai conferimenti diversi dal denaro in sede di emissione di nuove azioni;
– la società proceda a deliberare, contestualmente all’emissione degli SFP, un aumento di capitale a servizio della conversione degli SFP per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione, che non può essere superiore – tenuto conto dell’eventuale sovraprezzo – al debito verso i titolari di SFP, ove essi abbiano diritto al rimborso, oppure alla riserva da iscrivere in bilancio a fronte dell’emissione degli SFP, ove essi non abbiano diritto al rimborso;
– nel caso di conversione degli SFP senza diritto al rimborso, la società utilizzi la riserva creata a fronte dell’emissione dei medesimi o di altra riserva a ciò resa disponibile dalla società – ritenendo quindi subordinata alla sussistenza di tali riserve la facoltà di conversione;
– laddove le azioni della società emittente siano prive dell’indicazione del valore nominale, la delibera di emissione delle azioni a servizio della conversione avvenga senza un corrispondente aumento del capitale sociale.
Quindi, il manager che abbia sottoscritto SPF senza apporto, ben potrebbe, secondo le modalità indicate nell’accordo di investimento e nel Regolamento di emissione degli SPF, convertire il credito vantato nei confronti della società per la corresponsione della percentuale di utili ad egli spettante, in azioni o quote di nuova emissione che gli diano il diritto di acquisire una partecipazione al capitale sociale e, quindi, lo status di socio. È evidente che, qualora la prestazione d’opera e servizi apportata dal socio non trovi riscontro in bilancio in una apposita riserva di patrimonio netto, la possibilità di convertire gli SFP sottoscritti in azioni è subordinata al verificarsi della condizione che fa sorgere il credito nei confronti della società e, cioè, la maturazione di utili in capo alla stessa.

  1. Profili fiscali

Il trattamento fiscale degli SFP dipende dalla struttura civilistica e, di conseguenza, contabile che viene data agli stessi all’atto dell’emissione. In linea generale, qualora lo strumento finanziario partecipativo abbia caratteristiche tali da essere assimilato alle azioni, gli utili distribuiti dall’emittente possono essere considerati come dividendi sia in capo all’emittente che al percettore e, quindi, tassati come redditi di capitale, non rilevando né la natura dell’apporto né la circostanza che siano dotati o meno di altri diritti amministrativi e/o patrimoniali tipicamente spettanti alle partecipazioni. Affinché tali proventi possano essere tassati come redditi di capitale è fondamentale che la remunerazione degli SFP dipenda esclusivamente dai risultati economici della società emittente non solo nell’an ma anche nel quantum. Per quanto concerne gli strumenti finanziari partecipativi assegnati gratuitamente ai dipendenti (ex art. 2349, comma 2, del Codice Civile) deve ritenersi che – considerando l’opera professionale “ulteriore” prestata dal dipendente come apporto a fronte dell’assegnazione degli SFP – i proventi derivanti dalla sottoscrizione degli SFP altro non siano che un corrispettivo ulteriore al salario e, come tale, tassato come reddito di lavoro dipendente e non di capitale. Resta inteso che, in caso di conversione degli SFP in azioni, il sottoscrittore acquisisce lo status di socio: in tal caso i dividendi percepiti saranno tassati come redditi di capitale – con aliquota al 26% – e l’eventuale plusvalenza da cessione verrà tassata come reddito diverso – aliquota 26%. Differente è il caso in cui gli SFP siano assegnati a manager o dipendenti a fronte di un apporto in denaro o in natura e il regolamento di emissione preveda in capo al percettore un diritto patrimoniale rafforzato, vale a dire una partecipazione agli utili in misura più che proporzionale all’apporto effettuato dal sottoscrittore. In questo caso, parliamo del c.d. Carried Interest e, al verificarsi di alcune condizioni, i proventi derivanti dai suddetti strumenti sono qualificati come redditi di capitale o redditi diversi e non redditi di lavoro dipendente (ex art. 60, D.L. 50/2017). Sul punto, l’Agenzia delle Entrate si è più volte espressa nel corso degli anni e, da ultimo, con la risposta n. 565 del 1.12.2020 con riferimento al trattamento fiscale dei proventi derivanti proprio da Carried Interest.

  1. L’emissione degli SFP, non essendo come detto connessa ad alcun apporto, non avrà come contropartita alcun intervento sul capitale sociale della società; per quanto concerne l’informativa di bilancio, gli amministratori della società emittente dovranno indicare nella Nota integrativa il numero e le caratteristiche degli SFP, evidenziando i diritti che essi conferiscono ai loro titolari.
  2. La dottrina prevalente riconosce in seno allo strumento finanziario partecipativo un vero e proprio diritto all’utile analogo a quello attribuibile ai soci. Pertanto, gli utili spettanti ai dipendenti assegnatari degli SFP dovranno essere depurati della quota destinata alla riserva legale e di quanto diretto alla copertura delle perdite pregresse. Presupposto della loro erogazione sarà l’approvazione del bilancio di esercizio e la delibera dell’assemblea contenete la distribuzione.
  3. Agli SFP può essere riconosciuta dallo statuto la facoltà di nomina di un consigliere “indipendente” e/o di un sindaco, ribadendo come detti soggetti mantengano le medesime caratteristiche e prerogative degli altri organi sociali nominati direttamente dagli azionisti. Nulla vieta che tale aspetto sia regolato dallo statuto (o da un Regolamento di emissione separato) della società, prevedendo anche quote minime garantite dell’utile destinato ai titolari degli SFP.
  4. Dal punto di vista contabile, parte della dottrina ritiene che la prestazione di opera/servizi del dipendente possa essere iscritta nell’attivo dello stato patrimoniale della società emittente tra le immobilizzazioni immateriali o i crediti e in una apposita riserva di patrimonio netto del passivo dello stato patrimoniale corrispondente al valore del credito. Altra dottrina ritiene che tale iscrizione in bilancio sia possibile esclusivamente quando sia attribuibile una valutazione economica alla prestazione di opera e servizi. I tutti i casi in cui la prestazione d’opera e servizi non fosse suscettibile di valutazione economica non andrebbe iscritta in bilancio, né nell’attivo e né nel passivo.

 
a cura dell’avvocato Andrea Filippo Mainini