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Il business judgment rule confermato dalla Cassazione

Un importante Gruppo editoriale si è visto respingere con sentenza un’azione di responsabilità dell’amministratore per ben quattro operazioni societarie. La ragione è che per la Cassazione prevale la regola della Business judgment rule. Con l’Ordinanza n. 4849 del 16.02.2023  la Corte conferma i confini dell’insindacabilità delle scelte di gestione degli amministratori. 

La regola è nota nel mondo degli affari come «Business Judgment Rule» e implica che all’amministratore di una società non possa essere imputato di avere compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico. 

Un lungo e complesso processo, formato da 5 contenziosi connessi alla vendita delle partecipazioni sociali, mediante operazioni di ingente valore (tra cui una risoluzione contrattuale, la sottoscrizione di un mutuo ed il pagamento di un cospicuo risarcimento). Chi ha proposto il ricorso ha sostenuto che i giudici di primo e secondo grado (rispettivamente Tribunale di Roma e Corte d’Appello di Roma), non abbiano fatto buon governo delle norme in tema di responsabilità degli amministratori e di conflitto di interessi del rappresentante. Queste norme sono previste dal codice civile all’art 2392 e 2393, oltre che dall’art. 1394. 

L’accertamento giudiziale delle due corti, secondo il ricorrente, era incompleto perché circoscritto alla verifica che alla società non derivasse un danno dalle operazioni senza che fosse valutato nel merito il comportamento degli amministratori e dei sindaci e l’eventuale violazione dei doveri posti a loro carico. 

 

Business Judgement Rule e diligenza dell’amministratore

Il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempiere al proprio mandato non può mai riguardare le scelte di gestione, anche quando siano di rilevante valore economico se non ne deriva un pregiudizio economico alla società che giustifichi una responsabilità per danni da parte degli amministratori. Questa valutazione, infatti potrebbe essere rilevante come giusta causa di revoca dell’amministratore, ma non certo come fonte di responsabilità nei confronti della società. 

La pronuncia della Cassazione riprende un’altrarecente sentenza, a sua volta conforme alla giurisprudenza maggioritaria, con la quale la Suprema Corte ha ribadito la possibilità per gli amministratori di assumere decisioni rischiose e potenzialmente dannose per la società, purché esse rientrino nel rischio d’impresa. 

Nel caso in cui, per un atto discrezionale di gestione, si sia verificata una perdita o, addirittura, il default della società, gli amministratori non incorrono in responsabilità per mala gestio ma, in virtù della Business Judgment Rule risponderanno solo del danno causato alla società quando il danno dipenda dalla violazione degli obblighi di diligenza a cui loro sono tenuti. 

Chi propone la causa contro gli amministratori deve dimostrare quindi la violazione della diligenza. 

La Corte si esprime testualmente: «la censura, nei termini in cui è stata formulata, sembra dimenticare che la natura contrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società comporta che quest’ultima ha l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi. Il pregiudizio rappresenta quindi un elemento costitutivo dell’azione. […], mentre incombe sugli amministratori e sindaci l’onere di dimostrare la non imputabilità a sè del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti (Sez. 1, n. 22911 del 11/11/2010, Rv. 614695-01; nonchè 14/6/2013; Sez.1, 31/08/2016, n. 17441)». 

Sulla base di questi unanimi indirizzi giurisprudenziali degli ultimi anni, le regole che compongono la Business Judgement Rule investono la fase decisoria dell’azione di governo societario: 

  1. l’amministratore deve sempre agire in modo informato e fare con cautela e diligenza ciò che è in suo potere; 
  2. la decisione deve essere assunta nei limiti della legge e non in conflitto di interessi; 
  3. la decisione deve essere ragionevole, cioè deve pur sempre essere necessario che le informazioni e le verifiche assunte abbiano indotto l’amministratore ad una decisione razionalmente inerente ad esse. 

Con l’introduzione della riforma della crisi d’impresa, queste regole assumono un maggior rilievo, poiché gli amministratori, come i sindaci, sono obbligati ad attivarsi e a scegliere lo strumento più idoneo che l’ordinamento mette a loro disposizione per superare la crisi, questo sarà dunque il parametro con cui valutare l’operato di amministratori e sindaci per fronteggiare una crisi di impresa. 

A cura dell’avvocata Barbara Baroni