La cancellazione dal registro delle imprese non esclude la responsabilità amministrativa della società prevista dal decreto legislativo n. 231/2001.
In caso di illeciti commessi prima della cancellazione l’applicazione delle sanzioni si trasferisce ai soci, a meno che l’estinzione del contratto sociale non sia avvenuta per motivi “fisiologici”, come nell’ipotesi di fallimento.
La disciplina del decreto legislativo n. 231/2001 continua ad impegnare la Cassazione in una costante opera di interpretazione, con la sentenza n. 37655 14 settembre 2023.
Nell’articolo pubblicato il 16 novembre 2023, avevamo dato conto di un’altra decisione (la sentenza n. 21640 del 19 maggio 2023) che riguardava l’autonomia dell’illecito amministrativo dell’ente rispetto al cosiddetto “reato presupposto” commesso dai soggetti collegati.
In quella sentenza la Corte chiariva che il giudice penale deve accertare l’illecito amministrativo, anche in caso di estinzione del reato presupposto, compiendo le dovute valutazioni.
In questo caso invece, la Corte ribadisce l’orientamento già espresso nella ben più articolata sentenza n. 9006 del 17 marzo 2022 e chiarisce, nello specifico, che la responsabilità amministrativa degli enti rimane anche in caso di loro successiva cancellazione dal registro delle imprese.
In questo caso, il “reato presupposto” è costituito da truffa aggravata commessa dai soci responsabili per aver trattenuto, oltre il dovuto, i contributi statali ricevuti per realizzare corsi di formazione dei lavoratori.
I Giudici d’Appello avevano esteso la responsabilità alla società, in base al decreto legislativo n. 231 del 2001 e applicato:
- la sanzione amministrativa
- le sanzioni interdittive
- la confisca dell’integrale contributo erogato dal Ministero dei Trasporti.
Reato presupposto prescritto
La Corte di Cassazione, interpellata a seguito della condanna in Appello ha riconosciuto la bontà di alcuni motivi di contestazione avanzati con il ricorso dai tre imputati e dalle società e modificato la condanna:
- In primo luogo ha riqualificato il reato presupposto da truffa aggravata a indebita percezione di erogazioni pubbliche;
- In secondo luogo lo ha dichiarato estinto per prescrizione
- ha ridotto l’importo confiscato, pari all’integrale contributo erogato, a quanto percepito in più rispetto alle somme che avrebbero dovuto ricevere al netto dei costi fatturati.
L’estinzione della persona giuridica non estingue l’illecito dell’ente
La Corte, nel respingere uno degli argomenti dei ricorrenti, ha ribadito che la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese non estingue l’illecito amministrativo.
Con l’estinzione della persona giuridica per effetto della cancellazione, si verifica il passaggio della titolarità dell’impresa ai soci. Non vengono meno i rapporti sorti prima dello scioglimento.
Questo non contrasta con altre sentenze che apparentemente decidono in maniera diametralmente opposta (ad esempio la sentenza n. 41082 del 10 settembre 2019), perché l’estinzione della società era considerata “fisiologica”, perché avvenuta alla chiusura del fallimento della società.
Questa ipotesi infatti, seguendo le regole del fallimento, impedisce il trasferimento dei rapporti obbligatori dell’ente ai soci.
Nel caso in esame, invece, la cancellazione è avvenuta volontariamente e nessuna norma consente di cancellare la responsabilità per fatti accaduti prima dell’estinzione. Semplicemente, le responsabilità dell’ente si trasferiscono ai soci.
I presupposti dell’illecito amministrativo
La Cassazione ribadisce che l’illecito dell’ente non si identifica con il reato presupposto. L’illecito amministrativo sussiste solo se il reato presupposto viene commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente e solo in presenza degli “elementi indicativi della colpa di organizzazione dell’ente“.