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Mancata partecipazione del litisconsorte necessario al giudizio di primo grado e ragionevole durata del processo

Il litisconsorte necessario pretermesso che interviene nel giudizio di impugnazione accettando lo stato degli atti preclude il rimedio di cui all’art. 354 c.p.c.

In relazione alla mancata partecipazione del litisconsorte necessario al giudizio di primo grado, l’art. 354 c.p.c. predispone, quale rimedio necessario alla integrazione del contraddittorio, la rimessione del giudizio al primo grado. La ratio della disposizione risiede nella esigenza di tutelare il diritto di difesa della parte che, pur avendone diritto, non è stata chiamata a partecipare al giudizio e nei cui confronti la decisione produce effetti (art. 102 c.p.c.). Mediante la rimessione (artt. 353-354 c.p.c.), infatti, si determina la parziale nullità del giudizio di primo grado, limitato dalla mancata partecipazione di un contraddittore necessario. A quest’ultimo, si deve infatti assicurare la parità di armi difensive consentendogli, con la riapertura del giudizio di primo grado, di articolare le proprie difese analogamente a quanto garantito alle controparti.

Occorre precisare che il rimedio ex art. 354 c.p.c., con riferimento all’ipotesi del litisconsorte pretermesso, è da intendersi quale norma posta ad esclusiva protezione della parte in questione e non già delle altre che astrattamente potrebbero contestare la lesione del proprio diritto di difesa da farsi valere nei confronti della parte pretermessa. Difatti, la fattispecie in commento poggia sulla duplice necessità di garantire il contraddittorio ed anche  ragionevole durata del processo. Sul punto, l’orientamento granitico della Corte di Cassazione è diretto a ritenere che il giudice non possa rilevare d’ufficio il difetto di contraddittorio né rimettere la causa al giudice di primo grado, nell’ipotesi di intervento volontario in appello del litisconsorte necessario pretermesso qualora la parte accetti la causa nello stato in cui si trova. Tale tesi, come anticipato, poggia sul principio fondamentale della ragionevole durata del processo (espresso all’art. 111 co. 2 Cost. e all’art. 6 CEDU), principio che verrebbe compromesso da comportamenti ostativi ad una celere definizione della controversia, come nel caso in cui, per espressa accettazione della parte pretermessa, debba decidersi la causa in conformità con quanto statuito in primo grado. Il predetto indirizzo, attestato da oltre vent’anni (ex plurimis Cass. 4883/1993; Cass. 5674/1997; Cass. 16504/2005; Cass. 9117/2015) trova conferma, da ultimo, nelle più recenti pronunce di legittimità (si veda Cass. 26631/2018; Cass. 10660/2020).

Pertanto, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, nell’applicazione della fattispecie in esame occorre evitare comportamenti che si concretino in dispendio di attività processuale e inconcludenti formalità. In ossequio al menzionato principio, la Corte ritiene che insistere per la rimessione in primo grado nei casi in cui la riapertura del giudizio non soccorra esigenze difensive del litisconsorte determini un ingiustificato e inutile appesantimento e retrocessione della controversia.

Concludendo, il litisconsorte necessario pretermesso che intervenga volontariamente nel giudizio di impugnazione accettando lo stato della causa nonché gli atti compiuti senza la sua partecipazione e domandando che la stessa sia decisa in conformità a quanto già statuito sana la precedente irregolarità. La parte pretermessa recupera la garanzia del diritto di difesa, precludendo, così, l’applicazione del rimedio di cui all’art. 354 c.p.c., divenuto ormai superfluo. La giurisprudenza, costante nell’esposizione della citata impostazione reputa, secondo un giudizio astratto, che nessuna delle altre parti venga lesa nelle proprie facoltà processuali nel caso di mancata rimessione per accettazione da parte del litisconsorte. Un eventuale pregiudizio sofferto in concreto potrebbe, dunque, essere in grado di smuovere la radicata tendenza del diritto vivente che, ad oggi, non incontra dissensi.

Dott.ssa Clara Cimino
Avv. Andrea Filippo Mainini