Con un provvedimento del 10 febbraio 2022, il Tribunale di Roma ha ordinato a Apple di accordare a una vedova l’accesso ai dati personali contenuti nell’account del marito morto improvvisamente, e ordinato di consegnare le credenziali di accesso all’account iCloud.
Si tratta dell’ultima di tre ordinanze emesse dalle corti italiane sul delicato tema dell’eredità digitale, materia giuridicamente e umanamente delicata sia per le ricadute in tema di successione, sia dei diritti della personalità.
Il Tribunale di Roma aveva ricevuto un ricorso d’urgenza e si è pronunciato sulla sorte dei beni digitali strettamente personali come quelli conservati nell’account iCloud. I beni digitali di contenuto patrimoniale, quali monete virtuali o contenuti protetti dal diritto d’autore, ricadono a pieno titolo sotto le norme di trasmissione regolata dal diritto delle successioni.
Il ricorso d’urgenza su cui si basa l'Ordinanza emessa dal Tribunale di Roma era motivato con il desiderio della vedova di ricostruire la memoria del defunto marito anche attraverso foto e video presenti nel suo account.
Il giudice ha accolto la domanda che ha ritenuto fondata nei due elementi essenziali:
- il fumus boni juris
- il periculum in mora.
Nel caso specifico, il giudice capitolino ha ritenuto che l’interesse a recuperare quanto possibile per ricordare il marito scomparso, fosse di interesse anche per le figlie piccole.
Nel caso di un account iCloud poi, l’inutilizzo prolungato comporterebbe la disattivazione automatica e, di conseguenza, la cancellazione irreversibile dei dati associati, da qui la necessità di procedere assecondando la richiesta urgente.
Le ordinanze che si sono occupate di casi analoghi a quella citata di Roma sono state emesse dai Tribunali di Milano il 9 febbraio 2021 e di Bologna il 25 novembre 2021.
Anche se si occupano su casi analoghi e hanno esiti affini, le argomentazioni che Apple ha proposto nelle diverse cause sono state differenti.
Nel giudizio di Roma Apple ha sostenuto che non gli era consentito consegnare le credenziali a causa delle clausole contenute nelle condizioni contrattuali, mentre negli altri due processi, la multinazionale aveva sostenuto di poter consentire l’accesso ai dati personali dell’account di un defunto se non davanti a un provvedimento giudiziale ma basandosi su presupposti estranei al nostro diritto nazionale.