In queste settimane di grande concitazione e di forte preoccupazione per il futuro economico e sociale del nostro Paese, le famiglie si sono trovate a dover gestire una nuova realtà che interessa il percorso educativo e formativo dei propri figli.
L’emergenza Coronavirus ha imposto, a tutela della salute pubblica, oltre alla chiusura delle attività e dei luoghi di aggregazione ed al divieto di circolazione, la sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche (frontali) nelle scuole di ogni ordine e grado.
Le scuole paritarie di infanzia, primaria e secondaria rappresentano una parte fondamentale del sistema di istruzione nel nostro Paese.
Ai sensi del DPCM del 10 aprile 2020, la sospensione di attività didattiche ed educative proseguirà almeno sino al dopo 3 maggio 2020, portando con sé serie conseguenze per l’universo scolastico e creando non pochi disagi per le famiglie che si trovano oggi ad aver già pagato integralmente o parzialmente le rette scolastiche dei figli, oltre quelle dei servizi extrascolastici (mensa, trasporto, servizi pre/post scuola), con le scuole chiuse chissà fino a quando e le risorse familiari che scarseggiano o che per tanti, purtroppo, sono già terminate.
Il decreto Cura Italia ha previsto vari scenari per aiutare le famiglie in questo momento di crisi sanitaria ed economica (v. bonus babysitter, estensione congedi parentali) ma nulla ha disposto in merito all’eventuale sospensione del pagamento delle rette.
Quello con la scuola è un rapporto a prestazioni corrispettive di carattere continuativo in forza del quale, a fronte del pagamento di un corrispettivo (la retta scolastica) da parte dei genitori, la scuola, nei confronti del bambino iscritto, si impegna a provvedere alla sua istruzione, educazione, intrattenimento con momenti ludici e ricreativi, protezione e vigilanza.
Va da sé che, a seconda dell’età del bambino e delle sue peculiarità (ad es. bambini con disabilità), l’attività propriamente didattica varia: quanto più un bambino è piccolo, tanto maggiore sarà il tempo riservato al gioco e la protezione e vigilanza che deve garantire l’Istituto; man mano che cresce, maggiore sarà il tempo riservato alle lezioni didattiche.
Per gli asili nido, i centri per l‘infanzia e le scuole materne private ai quali i genitori affidano quotidianamente i loro figli perché possano trascorrere e condividere momenti ludici, ricreativi, educativi e di relazione cogli altri bambini, alla loro vigilanza, accudimento, poiché i bambini sono a casa da tempo, i genitori hanno diritto a chiedere – nel caso di versamenti già anticipati – il rimborso della quota per il periodo di sospensione in cui non è stato possibile fruire dei servizi e finché dura lo stato emergenziale.
Quello con la struttura è, difatti, un contratto di somministrazione di servizi, somministrazione per il momento vietata da una disposizione eccezionale per esigenze di ordine pubblico e sicurezza nazionale: se è vero che i provvedimenti assunti dalle Autorità costituiscono una causa di forza maggiore che rende di fatto impossibili – in tutto o in parte – le prestazioni ad opera delle strutture, è principio generale quello secondo cui, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione (il pagamento del prezzo) e deve restituire quella che abbia già ricevuto (art. 1463 c.c.).
Non disconosciamo certo che, trattandosi di tipologie di attività non rientranti nell’ambito dell’educazione obbligatoria, queste strutture hanno difficoltà a mantenersi senza la riscossione delle rette mensili, ma secondo le regole del nostro diritto chi paga per avere un servizio che poi, non per colpa sua, non viene erogato, ha diritto di non pagare e/o di essere rimborsato.
Trattandosi di contratti con prestazioni corrispettive (servizio erogato e pagamento del prezzo), infatti, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione, non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella già ricevuta.
Al contrario, si paleserebbe un indebito arricchimento in capo alle strutture per un servizio che, al momento, non hanno né possono garantire causa l’interruzione della frequenza.
Nel caso degli asili comunali, molti municipi hanno già disposto l’annullamento dei versamenti delle rette.
Per quanto concerne gli istituti scolastici primari e secondari, le strutture hanno regolamentato, in modo autonomo, tempi, modalità e tecnologie per la didattica a distanza che, seppur garantisce la continuità dei percorsi di studio nel rispetto delle misure restrittive per contenere il contagio, non può sostituire la giornata a scuola, coinvolgendo i genitori e gravandoli della gestione e della cura dei figli.
Per garantire la formazione e mantenere vivo il dialogo educativo con gli studenti e le loro famiglie servono maggiore pianificazione ed organizzazione della didattica on line: in molti casi i genitori si lamentano di assistere all’improvvisazione perché i docenti spesso non sono preparati e realmente formati, non sono dotati della strumentazione necessaria, manca la ri-progettazione di piani di studio e la rimodulazione della tipologia di valutazione degli studenti.
Ed è in questi casi che si potrebbe valutare, in modo condiviso con l’istituto, una rimodulazione proporzionale degli importi in considerazione della qualità e consistenza della prestazione che viene erogata, anche se non esiste un parametro oggettivo di valutazione.
Riassumendo, le situazioni oggettive meritano un riconoscimento concreto sul piano economico, fermo restando che ogni caso concreto presenta le sue singole peculiarità che devono essere analizzate:
- per i nidi e la scuola dell’infanzia ove il servizio educativo-didattico è venuto a mancare, pare congruo riconoscere alle famiglie il diritto a non pagare la retta del periodo interessato alla chiusura ovvero ottenerne il rimborso;
- per la scuola primaria e secondaria che ha di fatto proseguito l’attività didattica facendo ricorso alla metodologia on line, una retta deve essere pagata tenuto conto tuttavia, da un lato, della durata e frequenza dei servizi telematici offerti e, dall’altro, degli effettivi benefici per il bambino e la sua famiglia.
La prestazione comunque resa dall’istituto potrebbe non giustificare il pagamento integrale della retta: il servizio che la scuola deve fornire non è solo quello della didattica ma anche tutti quelli ad essa connessi, compreso l’affidamento dei bambini alla struttura per le ore di studio, con il conseguente obbligo di vigilanza e protezione del bambino.
Purtroppo, tutto ciò che è parte integrante del rapporto contrattuale in questo momento non è passibile di attuazione, se non in misura parziale, e, quindi, il pagamento integrale della retta potrebbe non apparire equo rispetto al sinallagma.
Ed è in ragione di ciò che i genitori potrebbero avanzare la richiesta di una corrispondente riduzione della loro prestazione e, quindi, una proporzionale rimodulazione della retta ancora da versare ovvero il rimborso quota parte del corrispettivo a seconda del servizio offerto in concreto. E questo al fine di evitare che l’integrale pagamento possa dar luogo ad un indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2033 del codice civile a favore della scuola e a danno delle famiglie;
- in ogni caso, non è dovuta la retta per la mensa e gli eventuali servizi (ad es. scuolabus, laboratori pomeridiani, corsi extracurriculari, etc..) che, oggettivamene, non possono essere concretamente fruiti durante la chiusura delle strutture.
Si consiglia, comunque, di verificare il contenuto del modulo di iscrizione e/o del contratto sottoscritto con l’Istituto al fine di escludere la presenza di clausole in forza delle quali il pagamento della retta sia dovuto anche in concomitanza di eventi di natura eccezionale, straordinaria e imprevedibile.
Nel qual caso non è da escludersi possa aprirsi un contenzioso in merito alla natura vessatoria della pattuizione contrattuale o statutaria e, quindi, alla sua nullità atteso che troverebbero applicazione le norme di diritto secondo cui la retta non va pagata in assenza di prestazioni e servizi scolastici – ad eccezione, come s’è detto, di quelli che si riescono a consentire online e con i bambini e ragazzi da casa – e l’art. 33 del Codice del consumo.
Quel che è certo è che, in questo particolare momento in cui le famiglie sono in apprensione per il futuro dei loro figli, sono auspicabili soluzioni di solidarietà da parte di tutti, con un giusto contemperamento dei contrapposti interessi in gioco, così che i genitori possano continuare a scegliere senza vincoli dove far studiare i loro bambini, consapevoli che la libertà d’istruzione di oggi migliora il domani di tutti.
Infatti,
- se da un lato molte strutture paritarie – che si finanziano con le rette pagate dai genitori – una volta valutato l’impatto che il mancato incasso e/o rimborso delle rette avrà sugli equilibri complessivi della loro gestione, possono accedere ed usufruire degli aiuti decretati dal Governo (ad es., cd. ammortizzatori sociali), per far fronte alla crisi ed essere pronte a riaprire quando tutto questo sarà finito,
- dall’altro lato si fa sempre più pressante ed urgente l’adozione di misure straordinarie di sostegno per quei nuclei familiari che si sono venuti improvvisamente a trovare in una situazione di difficoltà, non solo economica (per essere inattivi e/o sospesi dal lavoro), ma anche di gestione quotidiana dei figlio rimasti a casa da scuola, perché non possono lavorare in smart working o hanno ormai esaurito il proprio monte ferie pregresso ed il congedo speciale previsto dal decreto ‘Cura Italia’ (DL 18/2020) e non possono contare sui nonni che sono impossibilitati ad uscire di casa.
Gli Istituti scolastici, per parte loro, nell’immediato possono cogliere l’occasione per compiere una pregevole scelta, anche etica, ‘dando una mano’ nel limite del possibile a tutte le mamme ed i papà in vista dell’auspicata ripresa a pieno regime.
Nel concludere, in questa fase di particolare criticità nella quale è quanto mai indispensabile ed indifferibile che la scuola si proponga come punto centrale e prioritario di riferimento dei bambini/ragazzi, facciamo nostro il pensiero del Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina: “dobbiamo fare ancora qualche sacrifico per poter tornare a scuola nello stesso modo in cui andavamo prima … intanto dobbiamo sostenere studenti e docenti nella didattica a distanza e soprattutto aiutare le famiglie in questa fase così impegnativa”, in attesa di conoscere la programmazione della riapertura delle scuole a settembre che verrà deciso al tavolo tecnico presieduto dal Prof. Patrizio Bianchi in condivisione con il mondo dei docenti, dei dirigenti scolastici e della comunità scolastica nella sua interezza.
Avv. Paola Cavallero - Senior Associate Diritto Civile Diritto di Famiglia