In presenza di reati tributari, la dichiarazione di fallimento non impedisce all’autorità di procedere con il sequestro preventivo dei beni dei soci falliti, ai fini della confisca obbligatoria.
È quanto afferma la Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 40797 del 6 ottobre 2023.
Il curatore del fallimento di una snc aveva proposto ricorso, arrivato in Cassazione, contro il mancato dissequestro di beni dei soci della fallita, anch’essi dichiarati falliti.
I beni erano costituiti da partecipazioni societarie e da una unità abitativa, conferiti in un trust che è stato dichiarato inefficace nei confronti del fallimento.
Gli stessi beni erano stati sequestrati nell’ambito del procedimento penale avviato nei confronti dei soci per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. I soci erano accusati di avere privato la società di risorse utili a soddisfare i debiti tributari della società per conservare il proprio patrimonio personale.
Il reato tributario contestato, previsto dall’articolo 11 del Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 prevede infatti la confisca dei beni sottratti al fisco.
Lo spossessamento del fallito impedisce il sequestro preventivo?
Con il ricorso, il curatore chiede alla Corte di Cassazione se, come in questo caso, con un fallimento precedente al sequestro penale, lo spossessamento subito dal fallito impedisca il sequestro.
Il sequestro infatti è previsto dalle norme per consentire alle Autorità di attuare la confisca obbligatoria.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno ripercorso innanzitutto l’evoluzione della giurisprudenza sul tema, per arrivare ad accogliere l’orientamento che riconosce la prevalenza del sequestro preventivo. Questa prevalenza, peraltro, è stata accolta anche dal legislatore che ha promulgato le nuove norme del codice della crisi di impresa e di insolvenza nel Decreto legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019.
Confisca diretta o per equivalente in caso di reati tributari
L’articolo 12-bis del Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, prevede infatti la confisca obbligatoria dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato tributario (cosiddetta confisca “diretta”) o, quando non è possibile, dei beni nella disponibilità del colpevole “per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto” (cosiddetta confisca “per equivalente”).
La stessa norma esclude la confisca quando si tratti di beni “che appartengono a persona estranea al reato”.
L’orientamento che esclude la prevalenza dello spossessamento sul sequestro
L’orientamento che esclude la prevalenza del sequestro preventivo si fonda sull’argomento che il fallimento attribuisce al curatore, terzo estraneo al reato, la loro gestione.
I beni che rientrano nel fallimento sarebbero beni “appartenenti a persona estranea al reato” e come tali non confiscabili, né quindi sequestrabili, come stabilisce l’art. 12-bis del Decreto legislatore n. 74 del 2000 in quella ipotesi.
Orientamento che ammette che lo spossessamento
Il fallimento determina lo “spossessamento” dei beni del fallito, cioè lo priva “dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento”, come recita l’articolo 42, comma 1, della Legge fallimentare.
Il fallito rimane proprietario dei suoi beni e titolare dei suoi diritti, ma non può disporre o amministrare i suoi beni, esercitare i suoi diritti, adempiere alle sue obbligazioni e assumerne di nuove.
Lo spossessamento non priva il fallito della titolarità dei beni, non si può quindi parlare della “appartenenza a terzi” che impedisca la confisca, come stabilisce l’art. 12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 in quella ipotesi.
Il curatore è solo un gestore – detentore dei beni del fallito al fine di soddisfare i creditori. Ciò, anche se per “appartenenza” non si intenda solo il diritto di proprietà, ma anche i diritti reali di godimento e di garanzia.
Obbligatorietà della confisca
La confisca è obbligatoria e prevale sui diritti dei creditori del fallimento e solo il diritto di proprietà o altri diritti cosiddetti reali, acquisiti da soggetti terzi in buona fede, prevalgono sulla confisca e quindi sul sequestro preventivo.
Il curatore non può quindi disporre dei beni che siano il profitto del reato e l’obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari prevale nel caso di fallimento.
Il fallimento non impedisce il sequestro preventivo
La Corte ha quindi concluso che il fallimento non impedisce di adottare o mantenere il sequestro preventivo ai fini della confisca per reati tributari.