La Corte di Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta, con la sent. 8504 del 25.03.21, designando il giudice ordinario quale organo giurisdizionale competente chiamato a conoscere le controversie scaturenti dalla transazione fiscale.
Nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti avanzato da una società in crisi, veniva presentata un’istanza di trattamento dei crediti tributari che non riceveva l’adesione dell’Amministrazione Finanziaria.
La società, pertanto, impugnava la mancata adesione avanti alla Commissione Provinciale competente.
L’Agenzia delle Entrate, d’altra parte, proponeva ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione negando la competenza del giudice tributario. Le sezioni unite, investite della questione, dichiaravano la giurisdizione del giudice ordinario e, in particolare, del tribunale fallimentare.
La Suprema Corte, nella propria decisione, partiva dalla premessa logica che la prima forma di transazione, introdotta con il d.l. 138/02, aveva natura differente rispetto a quella recentemente novellata dal d.l. 125/20. Nasceva infatti come una vera e propria transazione dei ruoli e non aveva natura sistematica all’interno del diritto fallimentare, rimando confinata nell’ambito dell’esecuzione esattoriale. Negli anni, invece, ben sei sono state le modifiche apportate dal Legislatore all’istituto e, non da ultimo, il Codice della crisi di impresa introduceva tre importanti novità: l’omologazione degli accordi di ristrutturazione anche senza l’assenso del Fisco nel caso di proposta vantaggiosa per l’Ente, la possibilità di proporre la transazione anche nelle trattative che precedono gli accordi di ristrutturazione ed il trattamento riservato ai crediti tributari e contributivi nel contesto del piano di concordato. Queste previsioni costituiscono una rivisitazione degli assetti sottesi alla vecchia transazione fiscale e giustificano un pensiero logico-giuridico che confuta quanto affermato dalla giurisprudenza di merito, per altro esigua, susseguita nel corso degli anni.
A nulla rilevando la natura giuridica dell’istituto e la sussumibilità della mancata adesione in una delle fattispecie previste come limite alla giurisdizione tributaria, come invece riteneva la società. Innanzitutto, perché la transazione fiscale, proposta all’interno di una più ampia procedura fallimentare, perde di fatto la sua autonomia diventano un sub-procedimento rispetto all’accordo di ristrutturazione o di concordato e, in aggiunta, perché si sostiene sempre più la necessità di valorizzare la finalità concorsuale dell’istituto. Nel caso di procedure fallimentari, l’esigenza dell’Amministrazione della puntuale applicazione del tributo deve lasciare spazio a valori più rilevanti per l’ordinamento, ossia l’occupazione dei lavoratori e la continuità di impresa.
Avv. Andrea Filippo Mainini - Junior Partner Studio Mainini & Associati contributo su Italia Oggi del 08.04.2021