Vigilanza durante la crisi d’impresa: rapporti tra sindaci e amministratore unico
Il collegio sindacale di società non quotate è tenuto a richiedere all’amministratore unico specifiche informazioni sull’andamento della società con periodicità almeno semestrale. Lo ha previsto il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili nella Norma di comportamento 4.3.
La Norma di comportamento 4.3 rappresenta una novità tra le norme rivolte al collegio sindacale emanate dal CNDCEC: è in vigore dal 1° gennaio 2021 ed è rivolta alle numerose società che affidano la gestione e la rappresentanza ad un organo monocratico, anziché collegiale.
L’amministratore unico, in questi casi, agisce autonomamente e non è tenuto a redigere il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione: ciò significa che il compito di controllo dei sindaci è più arduo a causa della difficoltà di acquisire le informazioni gestionali circolarizzate nelle riunioni del CdA.
In tale ambito si colloca la nuova Norma 4.3: il collegio sindacale può richiedere informazioni all’amministratore unico, almeno con cadenza semestrale con riferimento alle decisioni più rilevanti, e con cadenza trimestrale qualora il collegio sindacale valuti che la situazione della società o il verificarsi di fatti ed eventi particolarmente significativi per la stessa, possano essere fonte di rischi significativi.
Secondo la norma in commento le informazioni devono essere richieste all’amministratore unico: 1) in forma scritta, a mezzo PEC inviata dal sindaco unico, oppure dal presidente del collegio sindacale previo accordo con gli altri membri dell’organo di controllo o a maggioranza, all’amministratore unico; 2) attraverso la consultazione, anche via mail, del libro delle determine dell’amministratore unico, se istituito; 3) nel corso delle ispezioni periodiche. Il collegio sindacale può comunicare all’amministratore il proprio verbale, che riepiloga i dati e le informazioni acquisiti, oppure può chiedere all’amministratore la sottoscrizione del verbale del collegio, contestualmente redatto, così che egli confermi che quanto trascritto coincida con le informazioni da lui fornite.
Le informazioni da richiedere all’amministratore dipenderanno dal settore in cui opera la società, dal suo ciclo produttivo e dalla situazione gestionale che la stessa sta attraversando.
Fra le informazioni più rilevanti possono rientrare: notizie in merito all’adeguatezza dell’assetto organizzativo richiesto dall’art. 2086 c.c., nuove aree di rischio, se si siano innescati contenziosi, se si siano avute ispezioni da parte di organi accertativi (fiscali, previdenziali o di altro genere), se la società abbia stipulato nell’ultimo periodo contratti di mutuo o di finanziamento o, infine, se siano stati ottenuti finanziamenti dai soci o programmate operazioni sul capitale.
Qualora l’amministratore unico rifiuti di fornire le informazioni e i dati richiesti sulla gestione e sulle principali operazioni aziendali, i sindaci potranno esercitare i poteri di indagine e potranno adottare concrete iniziative dirette a impedire atti di mala gestio, come la segnalazione all’assemblea e/o la denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c.
È infatti utile ricordare che il collegio sindacale ha l’obbligo di denunzia ex art. 2409 c.c. qualora, a seguito dell’attività di vigilanza, riscontri situazioni di grave irregolarità nella gestione, di inosservanza delle norme di legge e dello statuto e/o di disposizioni regolamentari, nonché di violazione dei principi di corretta amministrazione e adeguatezza e funzionamento dell’assetto organizzativo e amministrativo-contabile rispetto alla capacità di rilevare tempestivamente indizi di crisi o segnali e circostanze in cui la continuità sia messa in pericolo (art. 2086 del codice civile, da poco modificato a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi di impresa).
Una delle prime applicazioni del dovere di denuncia dei sindaci ex art. 2409 c.c. per l’inosservanza da parte degli amministratori dei nuovi obblighi previsti dall’art. 2086 c.c si ritrova nella sentenza n. 9119/19 del Tribunale di Milano. La sentenza in esame offre lo spunto per svolgere alcune interessanti riflessioni sull’efficacia degli strumenti di allerta e prevenzione interni al diritto societario, già in vigore, in relazione alle misure esterne di allerta previste dal Codice della crisi, la cui entrata in vigore è rinviata al 1° settembre 2021, a causa dell’emergenza Covid-19.
La condotta dell’amministratore che si limiti a verificare lo stato di crisi dell’impresa, senza attivarsi prontamente per adottare i necessari rimedi per il superamento dello stesso, non è di per sé in linea con i doveri gestori oggi predicati dall’art. 2086 c.c..
Il Tribunale di Milano accoglieva infatti la denunzia per gravi irregolarità nella gestione presentata dal collegio sindacale ex art. 2409 c.c. di due società per azioni (controllante e controllata), gestite dal medesimo amministratore unico, al quale viene addebitata la violazione degli obblighi di istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili idonei alla verifica della continuità aziendale e di attivarsi senza indugio per adottare i rimedi per il superamento della crisi. Il Tribunale, constatata la situazione di crisi delle società e l’inerzia dell’amministratore unico, ne ha disposto la revoca, ritendendo che gli interventi predisposti dall’amministratore, in assenza di un piano industriale o di ristrutturazione del debito, configurassero “mere possibilità” di superamento della crisi: “condotte di per sé non in linea con i doveri gestori oggi predicati dall’articolo 2086 c.c.”.
La sentenza conferma che la sussistenza di un sistema di monitoraggio e gestione della crisi interno alla società presuppone la pianificazione degli interventi e delle operazioni necessarie a ripristinare le condizioni di equilibrio economico patrimoniale: non è sufficiente che l’amministratore si limiti alla ricerca di finanziatori ovvero alla valutazione della possibilità di cessione di alcuni rami aziendali.
In conclusione, diventa sempre più importante per i sindaci non considerare il proprio ruolo come semplice verifica annuale ex post, bensì come un dialogo continuo con la società vigilata e il suo organo amministrativo in considerazione del fatto che, inoltre, le Norme di comportamento sono destinate a disciplinare l’attività dei componenti del Collegio sindacale della maggioranza delle società presenti sul mercato: tutte le società non quotate, tutte le S.r.l. con sindaco unico che non siano stati incaricati della revisione legale, le S.a.p.a. e le società cooperative – ferme restando le ulteriori attribuzioni che l’ordinamento affida all’organo di controllo in considerazione della peculiarità del modello cooperativo.
Riferimenti normativi
- CNDCEC, versione aggiornata al 12 gennaio 2021 con le disposizioni introdotte dalla Legge 30 dicembre 2020 n. 178 “Norme di comportamento del collegio sindacale di società non quotate”
- 2380-bis c.c.
- 2086 c.c.
- 2409 c.c.
- Codice della Crisi, D.Lgs. n. 14/2019
Dott.ssa Silvia Crespi e Dott. Aldo Mainini,
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